CENNI
STORICI
Castelnuovo di Val di Cecina è un piccolo
villaggio delle Colline Metallifere, situato sull estreme
propaggini della Maremma aperte verso il mar Tirreno e l’Isola
d’Elba. Il suo nome medievale è “Castri Novi de Montanea” (Castel
Nuovo di Montagna) e tale appellativo è assai più rispondente
alle caratteristiche fisiche dell’insediamento urbano. Le
origini sono incerte, ma risalgono senz’altro all’età
Longobarda (VII secolo), allorchè questo popolo tracciò nuove
strade per la ricerca di minerali edificando una serie di
rocche di avvistamento e di difesa (Warding) lungo il
tracciato che si snodava da Volterra a Massa Marittima. Il suo
territorio è caratterizzato dalla presenza di notevoli siti
archeologici del periodo etrusco, barbarico, medievale e da
Pievi pre - millenarie che testimoniano il radicamento e la
diffusione del cristianesimo. Una importante via di
pellegrinaggio verso Roma, aperta da San Pietro e San Lorenzo,
vide la presenza di San Rocco, San Guglielmo, di abati ed
eremiti. Lungo il corso del fiume Cornia risalirono dal mare
verso l’interno, San Regolo, Cerbone, Ottaviano, Clemente e
Giusto. Dopo il 1000 fu a lungo feudo dei conti Alberti fino
alla “rivoluzione” del 1213, quando la classe degli uomini
liberi di discendenza longobarda (freiherren), riuscì a
prendere il potere con l’aiuto del potente comune di Volterra,
sotto la cui protezione l’economia e la vita civile conobbero
un notevole sviluppo. Castelnuovo e il suo territorio furono
al centro degli scontri per il possesso delle risorse
minerarie (argento, solfo, allume, vetriolo), tra il
vescovo-conte e il libero comune di Volterra per circa due
secoli, fino a che, nel 1429, non entrò definitivamente
nell’orbita della Repubblica Fiorentina seguendone le aspre
lotte e subendo invasioni e saccheggi dagli esrciti imperiali
e dalle truppe mercenarie a servizio delle città nemiche. Alla
fine del XV secolo Lorenzo de’Medici e la sua corte di
unanisti scelsero lo stabilimento termale di Bagno al Morbo,
nel territorio di Castelnuovo, per trascorrervi lunghi periodi
di cura e di riposo. Dato in feudo, come marchesato, alla
famiglia degli Albizzi di Firenze nel 1639, fu ricostituito in
autonoma comunità nel 1776 da Pietro Leopoldo I, il grande
sovrano illuminista che avviò la rinascita dell’industria e
della società. Mèta di letterati, geografi, scienziati
(Lucrezio, Plinio, Dante Alighieri, Ugolino da Montecatini,
Leandro Alberti, Marullo, Busching, Miller, Mascagni, Hoefer,
Giovanni Targioni Tozzetti, Marie Curie e molti altri), a
partire dal 1818 conobbe una nuova fase di sviluppo economico
seguendo i progressi dell’industria boracifera attuati da
Francesco De Larderel, sviluppo che per quasi due secoli ne ha
caratterizzato la storia fino ai giorni nostri.
Il paese
Lo costituiscono due unità separate: il
borgo medievale ed il paese nuovo. Il borgo negli anni 70 e 80
del 900 è stato quasi completamente abbandonato dalla
popolazione che si è trasferita in massa nel paese nuovo che
veniva contemporaneamente edificato.
Negli ultimi anni è letteralmente esploso
il turismo residenziale ed italiani e stranieri stanno
acquistando e ristrutturando le case abbandonate ed il paese
vecchio sta tornando a nuova vita. Gli immobili da recuperare
sono ancora molti ed a buon mercato .
Il borgo offre a chi ci soggiorna pace,
tranquillità e silenzio dal momento che nelle sue strade
anguste le auto non possono circolare e devono rimanere fuori
delle porte.
In autunno il folto castagneto che
circonda il borgo riserva gradite sorprese. In ogni stagione
si possono fare lunghe passeggiate a piedi o a cavallo.
Alcune notizie sul territorio
Castelnuovo di Val di Cecina si trova in
Toscana, nella parte nord-occidentale delle Colline
Metallifere. Il suo territorio appartiene al lembo meridionale
della Provincia di Pisa, là dove essa confina con le Province
di Siena ad est e di Grosseto a sud.
Due corsi d’acqua principali, il torrente
Pavone, affluente del Cecina, ed il Cornia limitatamente alla
sua parte superiore.
Il paesaggio è caratterizzato da bassi e
dolci rilievi collinari che verso sud e verso est diventano
aspri e salgono fino a 1000 metri, lungo i contrafforti della
Carlina e della Cornata.
Dovunque boschi fittissimi che a seconda
dell’altitudine e dell’esposizione vanno dalla macchia
mediterranea (pino, ginepro, roverella, corbezzolo, ligustro
ecc.) alla tipica vegetazione appenninica (rovere, cerro,
carpino, frassino, castagno, ecc.). Ricca e variegata la fauna
selvatica.
Contrariamente alle zone confinanti le
attività economiche non si sono mai limitata all’agricoltura
che anzi è sempre stata povera, scarsa e con valore residuale
o integrativo del reddito; la gran parte della popolazione fin
dal medioevo è stata impegnata nel lavoro delle cave, delle
miniere, del taglio del bosco e della produzione di carbone.
Nel nostro secolo si è particolarmente
sviluppata la produzione geotermica dell’energia elettrica
che, subito dopo la nazionalizzazione e la costituzione
dell’Enel ha portato occupazione e benessere a gran parte
della popolazione. L’industria geotermica ha segnato il
territorio con la sua fitta rete di vapordotti e di torri di
raffreddamento che oggi stanno rapidamente diventando reperti
di archeologia industriale. Recentemente sono comparse tra le
attività economiche anche l’attività serricola che utilizza
vapore a bassa temperatura ed il turismo.
Per la particolare storia economica del
territorio la popolazione è concentrata nel capoluogo e nelle
tre frazioni – Montecastelli Pisano, Sasso Pisano e la Leccia
– mentre l’insediamento sparso, tipico dell’agricoltura
mezzadrile toscana è scarso.
Da
vedere
Meritano di essere visitati nella Valle
del Pavone due ponti rispettivamente ad una e due arcate,
bell’esempio di architettura medievale. Da rilevare la
presenza di aziende agrituristiche che offrono la possibilità
di passeggiate e di escursioni a cavallo. Decisamente ben
conservato e gradevole il Borgo di Montecastelli Pisano con la
Pieve romanica di pregevole fattura e la torre dei
Pannocchieschi; In prossimità di Montecastelli, a pochi metri
dalla strada provinciale, merita attenzione la tomba etrusca
dell “Buca delle Fate” risalente al VIII° secolo a.c. A sud
di Castelnuovo, alle sorgenti del fiume Cornia, il Borgo
medievale di Sasso Pisano e nei pressi del centro abitato le
Fumarole o Putizze, manifestazioni geotermiche davvero uniche:
esse rappresentano un esempio di geotermia al naturale, ossia
come di come si presentasse il paesaggio della “Valle del
Diavolo” prima dell’insediamento delle attività
industriali che hanno sfruttato questa risorsa per la
produzione di energia elettrica.
Procedendo dal Sasso verso il Borgo della
Leccia, oggi quasi interamente recuperato al turismo
residenziale si incontrano gli scavi di un vasto complesso
termale etrusco-romano attivo dal III° secolo a.c. fino
all’epoca tardo –imperiale , che riveste notevole interesse
storico e archeologico. Secondo illustri fonti dovrebbe
trattarsi delle AQUAE POPULONIAE assai note nell’antichità
classica e riportate nella TABULA ITINERARIA PEUNTINGERIANA.
Il borgo
di Castelnuovo
Il Borgo medievale, è costruito a pianta
circolare su un ripido scoglio; vie tortuose e strette si
snodano fino alla sommità ove risiede la rocca e la chiesa
parrocchiale che conserva alcuni tratti romanici, come pure la
cripta che unisce il “Borgo” al “Castello”. Il Borgo, con una
fisionomia architettonica omogenea e tipicamente medievale, si
presenta caratteristico e accogliente, integrato con i boschi
circostanti ai quali si accede attraverso tracciati e
sentieri; offre tranquillità e quiete non essendo percorribile
con le auto e, da alcuni anni, è interessato da un fenomeno
crescente di turismo residenziale di italiani e stranieri. In
autunno ed in inverno è diffusa l’attività venatoria e la
raccolta di funghi e castagne.
Il
paesaggio
Nel lembo meridionale della provincia di
Pisa, ove essa confina con la provincia di Siena e di
Grosseto, si estende il territorio di Castelnuovo diVal di
Cecina. Il paesaggio collinare della Val di Cecina si fa ora
più aspro: fitti boschi ricoprono i rilievi e la vegetazione
mediterranea lascia il posto a quella appenninica (castagni,
cerri, carpini). Castelnuovo, a 600 mt. di altitudine, si
estende sulla pendice nord-orientale del Monte che lo sovrasta
la cui cima, denominata Aia dei Diavoli, raggiunge 876 mt e
separa la valle del Cecina da quella del Cornia. A sud- est di
Castelnuovo si alzano, invece, le Cornate di poco superiori ai
1000 mt. di altezza e a valle del paese il torrente Pavone. Il
paesaggio è arricchito dal verde dei castagneti che,
declinando dal monte al fondo valle, giungono fino alle porte
dell’antico Borgo.
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Descrizione e Istoria di
Castelnuovo
TARGIONI TOZZETTI – 1742
Castelnuovo di
Val di Cecina è uno dei più grossi Castelli del Volterrano,
situato a bacìo, in un risalto eminente della pendice boreale
d’un Monte. Da lontano ha la figura di una Pina, in cima della
quale è la Chiesa, col recinto più antico, sotto poi è il
Borgo, con le strade ripidissime e tortuose.
L’aria sua è
assai fredda, e nell’inverno ha poche ore di sole, che gli è
parato dalla Montagna a ridosso; davanti per la parte di
Tramontana, ha una valle angusta e scoscesa, in cui sono i
Lagoni, che scolano nel fiume Pavone.
Nell’anno 1176
era padrona di questo Castello la Badia di Monte Verdi.
Non so bene come dal dominio della Badia di Monte Verdi,
passasse Castelnuovo a quello di certi Dinasti, poiché si sa
che nel 1210 a. 29 maggio Goffredo e Ranieri di Strinata,
Seguino di Federigo, Simone e Lambardo di Spinello,
fatti Cittadini Volterrani con i soliti privilegi,
cederono al Comune di Volterra, e per esso ad
Inghiramo Podestà, le loro ragioni sopra il Castello di
Castelnuovo detto di Montagna.
I medesimi
Lambardi di Castelnuovo (che si seguitano a chiamarsi
tali anche nel 1319) nel 1212, soggettarono quella Terra al
Comune di Volterra, con facoltà di edificarvi una
Rocca, come fu fatto.
Nel 1213 agli 11
di Maggio il Conte Rinaldo del Conte Alberto
promesse a Gulfo di Favilla, Podestà di Volterra, di
star sempre in pace coi Volterrani, e con quelli che
questi aiutassero, e particolarmente con i Lambardi di
Castelnuovo; e promesse di far sì che lo stesso si
obbligassero a fare i Lambardi di Elci, gli uomini del
Castello di Elci, e quelli di Monterotondo.
Fu intorno al
1328 tolto al Comune di Volterra il Castello di
Castelnuovo, il quale nel mese di Maggio vi mandò
soldatesche per recuperalo. Nel 1343, il Cav. Attaviano
Belforti fece a spese del Comune di Volterra
fortificare il Castello e la Torre di
Castelnuovo.
In occasione
della sollevazione di Volterra del 1429, quei di Castelnuovo
si gettarono nel partito dei Fiorentini; lande questi nel
1431, fra gli articoli del concordato coi Volterrani,
vollero che concedessero agli uomini di Montecatini e
di Castelnuovo certe immunità e grazie, colle quali
avevano dato loro intenzione di distinguergli.
Nel 1447 Castelnuovo si rese a buoni patti alle truppe di
Alfonso Re di Aragona e di Napoli, ma doppo
la partenza di esse Truppe dallo Stato Volterrano, il
solo Castelnuovo restò occupato da Antonio Petrucci,
Cittadino Senese; lande i Volterrani ne fecero
inutilmente doglianza colla Repubblica di Siena e fu
necessario recuperarlo a forza di Armi, lo che seguì nel mese
d’Ottobre.
Nel 1513 la Repubblica Fiorentina , per
gratitudine dei buoni servizi prestatile dalla Città di
Volterra, con ampio Diploma spedito in dì 5 d’Ottobre, le
restituì quasi tutti i suoi antichi privilegi, tra i quali
quello di mandare i Rettori nelle Terre dell’antico suo
Contado, eccetto però Castelnuovo, quale non doveva
esser soggetta neppure al Podestà istesso di Volterra e poteva
eleggersi il Podestà a modo suo.
Non so bene le ragioni di quella parzialità per Castelnuovo,
ma so di certo che gli fu mantenuto tal privilegio fino ai
tempi del Principato, poiché in un Registro di Lettere del
Duca Alessandro de’Medici, ho veduta una lettera in
data de’ 24 Febbraio 1533. ab. Inc. agli Uomini della Comunità
di Castelnuovo di Volterra , colla quale gli raccomanda
che elegghino per Ufiziale Ser Vincenzo Benvenuti da S.
Gemignano.
Fu poi Castelnuovo, dai Serenissimi
Granduchi, insieme col suo Comune, dato in Feudo, con
titolo di Marchesato, a Senator Luca degli Albizi,
sotto il 13 Dicembre 1639. e la sua Pieve intitolata a S.
Salvatore, fu eretta in Arcipretura nel 1666. in
tempo del Pievano Pompeo Birelli Nobil Senese.
Nel 1742 vi era Arciprete il Sig. Paolo Giovannelli
Paesano, quale gentilmente mi favorì d’alloggio per due
giorni, ed aveva fabbricata di nuovo in miglior forma, e
maggior’ ampiezza la Chiesa.
In una veglia mi divertii con scorrere gli Statuti di
Castelnuovo, approvati nel 1525 e notai quanto appresso.
Rubr. 7. Pena a chi manda la Bolla Livida. Che nessuno
possa mandare ad alcuna Persona la Bolla Livida, o essa
ricordare in alcun modo, pena soldi 10. Quest’ era un’
imprecazione, come si direbbe oggidì: che ti venga la Peste!!
(negli Statuti di Montieri pubblicati l’anno 1500
si legge la Rubrica di non mandar la Mala Bolla.)
In un antica carta pubblicata dai PP Durand e Martene, si
trova Malaprum, Carbunculus,
mala Pustula, che significa il Carbonchio
Pestilenziale, o sia Gavocciolo. Le frequenti
Pestilenze che per lunga serie di anni devastarono la Toscana,
avevano messo tal terrore nei Popoli, che si stimava delitto
grande il solo imprecare una simile disgrazia.
Non era universalmente allora intesa la vera propagazione
della Peste per via del Contagio, e perciò le stragi
succedevano tanto grandi, per mancanza di cautele. Vi è
peraltro qualche barlume, che il contagio fosse conosciuto,
poiché Franco Sacchetti nella Novella 27 p. 37
descrivendo una Peste dice: costui venendo a maorte, ed
essendo di state, la Mortalità sì grande, che la moglie non si
accostava al marito, e il figliolo fuggia da Padre, e’ l
fratello dal fratello, perocchè quella pestilenza, come sa chi
l’ha veduta, s’appiccava forte.
In
altra opera che ho tra le mani farò vedere per serie
cronologica l’origine, ed i miglioramenti dell’odierna
utilissima pratica universale delle Guardie, Contumacie, e
Spurghi per tener lontana la Peste Contagiosa.
Segue negli Statuti di castelnuovo:
Rub. 23 Che nessuna Donna vada dietro al Marito ---
Considerato all’instabilità delle Donne, et il rumore che
fanno etc.
Rub. 39 Pena a chi rompe, o maglora
Lino in Castello.
Rub. 40 Pena a chi vendemmia innanzi S. Michele.
Questa è una savissima Costituzione, a cui è stato pensato
anche in altre Leggi Municipali della Toscana, ed esiste un
bando stampato col titolo: Decreto sopra il modo di
vendemmiare dalle 12 miglia in qua verso Firenze,
pubblicato dal Magistrato Supremo per ordine del Sereniss.
Granduca ne’ 15 Luglio 1583,
in cui si vuole che gl’jusdicenti ogn’anno fissino il giorno,
secondo l’esigenza delle annate, e lo dichiarino a tutto
Agosto: Buono per le nostre campagne, se fosse tenuto in
osservanza!
Rub. 45 Che si spazzi innanzi all’uscio ogn’otto dì.
Rub. 75 Che si venda, e compri a misure volterrane.
Rub. 76 Che ogni Capo di Famiglia di Castelnuovo, o qui
abitante, sia tenuto e obbligato fare ogni anno tanto Orto,
quanto alla casa sua sia di bisogno.
Anche quella disposizione dello Statuto di Castelnuovo
è utilissima, e Dio volesse che, e qui e nel restante delle
Maremmme, fosse osservata puntualmente, perché appunto
una delle cause che contribuiscono alle Malattie Maremmane, è
la mancanza degli Alimenti Vegetabili freschi.
Rub. 98 Pena a chi fa scampanate, veduto la disonesta
molestia, che si da a qualunque vedovo, o vedova che viene a
marito, sì di scampanargli tutta la notte all’uscio, sì
ancora delle parole disoneste che si usano etc. Il Sig.
Muratori eruditamente discorre delle fischiate , ed
altre insolenze solite farsi ai vedovi , che passavano alle
seconde nozze, e ne deduce l’origine della bigamia
proibita ai Sacerdoti nella Legge antica, e poi da S. Paolo,
e da diversi Concili. Trovo peraltro nel rarissimo libro
intitolato la Bassa Corte, o Assise e Buone Usanze
del Reame di Gerusalem e Cipri, l’originale del quale in
lingua Gauloise, fu compilato poco doppo la conquista
di Terra Santa fatta dai Cristiani.
Alla Rubrica 148 Pena alla Vedova, che ripiglia Marito
dentro all’anno del vedovile.
L’aria di Castelnuovo è sufficientemente salubre, e
migliore di qualunque altra di Maremma, anzi è fama che
nell’orribile peste del secolo passato, che desolò i paesi
circonvicini, non vi morisse veruno, ed i paesani doppo la
grazia speciale del Signore Iddio, ne attribuiscono la causa
all’Esalazioni Sulfuree de’Lagoni, che tenessero
purgata l’aria. Circ’alla salubrità dell’esalazioni del
Zolfo, V. Casati de Igne p. 232 ed il Sig. Dott.
Giuseppe Baldassarri ha fatto vedere , che l’acido
minerale, il quale esala dalle Acque Termali, è un
correttivo dei miasmi Alcalici Pestiferi de’ Paduli.
Il Comune o Territorio di Castelnuovo è tutto montuoso,
con buonissime pasture, che fruttano ai Paesani gran guadagno
su i bestiami, particolarmente per il Cacio Forte, cioè
salato, in piccole Forme, che ne ricavano.
La pendice del Monte su cui è situato il Castello, è
vestita di grandissimi castagni domestici, che servono di
sostentamento a gran parte degli abitatori, colla Farina che
ne ricavano dai frutti. Di questa ne fanno della bianca,
che è la più dolce e gentile, ma non arriva a bastare un’anno;
e della Rossa, tostando un poco le castagne, che riesce
alquanto aspretta, ma dura molti anni; lo che ci può far
meglio comprendere la necessità, ed utilità grande delle
Stufe per prosciugare il Grano, inventate dal nostro
Celebre Bartolommeo Intieri.
In questi immensi Castagni osservai, che la maggior parte
erano troncati ad una certa altezza, come se fosse stato fatto
a posta; e dicono che ciò seguì dal gran peso della neve
fermatavisi e diacciata sopra, non mi sovviene in qual’anno,
che gli fece stroncare così.
Ai Padroni dei castagneti è lecito di far raccogliere le loro
castagne fino a un determinato giorno, del quale ora non mi
ricordo; ma passato che quello sia, la Comunità ha lei sola il
diritto, o la privativa di mandarvi i maiali a pascere,
e grufolare per cercare le castagne restate in terra fra le
foglie, o che cadono da quel giorno in poi. Questo diritto si
chiama di Ruspo, dalla parola antica latina ruspari,
e la Comunità vende il Ruspo al maggior offerente al
pubblico Incanto, che le porta una buona entrata, essendo
questa un’ottima Pasciona per tal sorta di bestie.
Il restante de’Monti di quello Comune, che guardano
Mezzogiorno o Levante, sono interamente nudi. Benché non sieno
molto ripidi, ed abbiano sufficiente terra, e dicono ciò
essere accaduto, perché anticamente ci erano Forni dove si
fondeva la Vena del Ferro, e che per tal’ opra sieno
stati distrutti i boschi che prima vi erano. Non solo sono
molto nudi questi Monti, ma sono ancora incolti, ed in
pochissimi luoghi si sementano.
Nell’Estratto del repertorio dei Libri
del Monte Comune,
il Signor Domenico Manni ha annotato: Da un giornale di
Castelnuovo del 1560 si rileva, che il Granduca Cosimo I
aveva ancora intrapreso a far cercare l’oro per i fiumi (o
dalla Lunigiana, o di Maremma) vedendosi alcune partire di
spese, sì in far cercare Uomini per la Lombardia atti a tal
lavoro, come anche in condurli a quest’ impresa, della quale è
ignoto a noi l’esito.
Intorno al Castello è gran quantità di fontane. La principale
è l’acqua della Conserva, che viene per canale
di lontano un miglio: vi è anche la Fonte Isacchi,
la Fonte del Canale, e la Fonte del Tufo. Nelle
loro sorgenti sono alquanto calde, ed hanno qualche sitarello
di zolfo, ma lo lasciano presto: sono sufficientemente
buone a bevere, e mescolandovi dell’olio di Tartato, appena
diventano albe. Se mal non mi ricordo, mi dissero che
servendosi di quest’acqua, attinta così calda naturalmente,
per il Formento, o Lievito, il Pane non lievita, ma bisogna
per tal’uso lasciarla freddare, e doppo riscaldarla, che
allora è buonissima. Anche la Fontana Castro,
nell’Isola di Milo, scaturisce calda, ed è
sanissima a bevesi. Esempi di altre acque termali usate
sanamente in bevanda continua, e per cuocere le vivande,
possono vedersi presso di Gio. Baubino de Aquis Medicatis
L. 2.c.i.p. 93 94 del Gassando in vita Peyreschii pag. 333 ed
anche presso di Giulio Isolino de’ Bagni di Ischia p.
127 e 174. A Bormio,
per altro, nella Valterrlina sono certe acque , che
anche cotte ritengono il sito di zolfo, eppure le
devono senza sentire pregiudizio. Se le Acque Termali bollano
più presto delle non Termali, v. quanto ha saviamente
osservato il Sig. Dottore Giuseppe Baldassarri, nel
Tomo 2 degli Atti dell’Accademia delle Scienze di Siena,
detta de’ Fisiocritici a c. 77. 88. ed 89.
Nella Pianta del Marchesato fatta l’anno 1672, notai,
che egli confina con i Comuni di S. Dalmazio, di
Monte Cerboli, della Leccia, del Sasso, di
Bruciano, di Fosini, e di Montalbano.
Bruciano adesso rovinato dalla parte di mezzogiorno, ed il
titolo della sua Chiesa dedicata a S. Maria, è ancora
annesso all’Arcipretura di Castelnuovo.
Nella Cima del Monte sono le rovine di una Rocca della
Castel Volterrano, fatta verisimilmente una
frontiera de’ Vescovi, o della Repubblica di Volterra: resta a
ponente di Castelnuovo, due miglia lontano da esso, e
non ne sussiste in piedi altro che una chiesa, detta alla
Decima Cappella Lotti.
Le cose più notabili del Comune di Castelnuovo sono il
Lagoni,o Fumacchi, l’Edifizio del Vetriolo,
e le Mosete, o Putizze.
Dal TRACTATUS DE BALNEIS di Ugolino da Montecatini
pubblicato a Città di Castello nel 1417.
Ugolino da Montecatini, figlio di Giovanni Caccini, nacque tra
il 1348 ed il 1350. Riformatore del Collegio Medico Pisano e
pubblico Maestro di medicina praticata.
Leo S. Olschki Editore – MCML
Trascrizione, traduzione italiana dal latino a cura del Prof.
Michele Giuseppe Nardi.
I BAGNI DI VOLTERRA
Parlerò ora delle acque e dei bagni di Volterra, città
ricchissima di acque minerali. Anzitutto dirò che, a 16 miglia
dalla città, in un luogo privo di vegetazione vi è un gran
numero di bagni. Io mi recai con un uomo che ho amato più di
tutti: Coluccio da Stignano (1331 – 1406) di recente
nominato Cancelliere della Repubblica fiorentina. Questi bagni
sono stati sistemati benissimo dai magnifici Signori di
Firenze, secondo il consiglio e le disposizioni del medico
fiorentino Cristoforo Giorni, mio amico carissimo. Egli ebbe
dal nostro magnifico Signore la libertà di allestire le terme
e si sforzò di renderle famose. Furono poi chiamati bagni
“curativi”.
Poiché il luogo era molto boscoso, vi si accampavano vicino
tali uomini nobili …… che vivevano di rapina. Era un asilo di
ladroni e di uomini malvagi, i quali catturavano molte persone
fra le quali, mi ricordo che fu preso Mezeta di
Castelfiorentino mentre si recava ai bagni per curarsi la
podagra. Imprigionato in uno di quegli accampamenti, per
riacquistare la libertà, si offrì di pagare 4.000 fiorini. Ma
i ladroni ne volevano otto e lui preferì morire che lasciare i
figli nella miseria: battè tanto la testa in un muro che morì!
Per questi avvenimenti quei bagni sono stati ridotti in un
fortilizio; non è certo un luogo che possa resistere per molti
giorni, ma certo che casi simili non accadranno più. Vi sono
molte abitazioni e ben costruite.
E’ un territorio ricco di bagni che, a parer mio, hanno come
minerale predominante l’allume e poi lo zolfo.
Sulle pareti, specialmente nei pressi dell’uscita, c’è tanto
allume da poterne ricavare gran quantità da quei muri. E a me
sembra che siano ivi tre bagni che confluiscono insieme. Il
primo in cui cade l’acqua, ora, è caldo ed è di giovamento per
i dolori alle congiunture e per le forme nervose, causate dal
freddo; secca l’umidità di tutto il corpo e fa bene ai dolori
dell’utero, provocati dal freddo e dall’umidità. Non fa venire
la sete, contrariamente a quanto fanno molti altri bagni.
Quel calore può essere sopportato per più di un’ora. Il tempo
più adatto alla cura è la primavera. In questo bagno si può
usare la doccia che è di grande giovamento per asciugare i
catarri umidi del capo.
Al di là della cinta delle mura vi è un altro bagno temperato,
contenente ferro, oltre ad una parte di allume. La sua natura
è quindi vicina a quella del bagno denominato “di Villa” che
è, come dissi, nella provincia di Lucca; quest’ultimo, secondo
me, è, però, più efficace. Vicino a quei bagni, per due
miglia, ai piedi del monte, presso un castello che si scorge
ed a me è stato detto chiamarsi Castelnuovo, vi sono dei
sudatori. Molti li chiamano così. Sono essi profondi e dotati
di così mirabile ebollizione che le particelle dell’acqua
salgono con rumore e violenza fino alla superficie sì da dar
luogo ad una mirabile creazione di vapore nell’aria.
Si dice inoltre che quando due uccelli volano sopra a questi
sudatori, avviene anche che si incendino per quei vapori e
cadano e subito siano bruciati nei sudatori stessi. La stessa
cosa avviene ai cani e per gli altri animali, i quali, caduti
dentro, subito si cuociono e si consumano.
Io credo che la natura di questi luoghi sia solforosa ed
alcuni usano questi vapori per le caldaie in ebollizione in
cui sono i panni sotto la cenere.
In questo territorio vi è abbondanza di acque con vari
minerali, per la maggior parte salini; abbondanza che serve
alla cittadinanza fiorentina, alla sua provincia ed al suo
distretto. Similmente vi è mirabile abbondanza di zolfo ed
anche di allume.
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CASTELNUOVO DI VAL DI CECINA – Repetti
Così lo descrive il Repetti nel Dizionario Corografico della
Toscana edito a Milano nel 1855:
“ Terra, già castello, capoluogo di comunità unita a quella di
Monte-Castelli, presso la Rocca Sillana, con chiesa
arcipretura (S.Salvatore), nella giur. di Pomarance, diocesi
di Volterra, comp. di Pisa.
Siede nelle angustie di un vallone (del Pavone), fabbricato
sul fianco di un ripido monte quasi a scaleo,sicchè le case
delle strade superiori sono quasi sul tetto di quelle delle
strade inferiori, la piazzetta, la chiesa, e l’antica rocca,
ora casa Fabbrini, esistono sul comignolo di questo paese
rappresentante una mezza pigna conversa.
Di questa terra ignorasi l’origine e con quale nome fosse
chiamata innanzi quello attuale, seppure non è quella
Castellina che con Elci, Cornia ed altri paesi del volterrano
contado liimp. Federigo I con diploma del 1164 restituì al
Conte Alberto di Vernio, nipote di altro conte Alberto che gli
aveva perduti.
Un simile privilegio fu rinnovato nel 1210 dall’imp. Ottone IV
a favore dei figli di detto conte l’anno dopo la morte del
loro padre, siccome apparisce anche dall’atto di divisione
fatta nel febbraio di detto anno fra i due fratelli maggiori
Callainardo e conte Rinaldo che fu conte di Monte-Rotondo.
Similmente è ignota l’epoca in cui la parr. di Castelnuovo fu
staccata dalla Pieve a Morba dalla quale dipendeva anche nel
1336. – Nota bensì è l’epoca in cui essa fu dichiarata (nel
1666) arcipretura, e ottant’anni dopo ingrandita e
rimodernata; mentre il paese col distretto di Castelnuovo di
Val di Cecina fino dal 1639 fu eretto in feudo dal Granduca
Ferdinando II con titolo di marchesato a favore di Luca degli
Albizzi, i cui eredi lo ritennero fino alla legge del 1751
sull’abolizione dei feudi.
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DON SOCRATE ISOLANI – 1937
Castelnuovo trovasi sulla via Massetana a tre
chilometri e mezzo da Larderello sulla parte orientale di un
poggio che raggiunge l’altezza di m. 861.
Fu conosciuto col nome di
Castelnuovo di Montagna ed appartenne in parte ai conti
Alberti di Mangona, ai quali fu restituito nel 1164 e
confermato nel 1210 al conte Rinaldo, al quale era toccato
nelle divisioni col fratello Maghinardo e in parte alla Badia
di Monteverdi, da cui Rinaldo comprò tutti i diritti.
Costui nel 1212 giurava
sudditanza al Comune di Volterra, al quale nel 1213 vendeva
tutte le sue ragioni che gli appartenevano sul Cassero, corte
e distretto, nonché sugli Uomini di Castelnuovo che prestavano
giuramento di obbedienza al detto Comune.
Con altro atto in data 29 maggio 1246, gli stessi
Lombardi (eguale a signori) di Castelnuovo, stando in
Lustignano, vendevano allo stesso Comune tutti i diritti che
ancora godevano in quella corte e distretto.
Così quel Castello passava interamente a
Volterra, ma nonostante fosse luogo di buona difesa, fu preso
e saccheggiato nel 1447 dalle truppe di Alfonso d’Aragona.
E’ castello costruito a tre ripiani uno sopra
l’altro, che girano tortuosi sino al Cassero, dove si trovano
la piazza, la Chiesa ed il palazzo Pretorio, che fu l’antica
rocca, ora sede dell’asilo infantile diretto dalle Suore.
In fondo alla piazza è una magnifica e ricca
sorgente di acqua freschissima.
La sua Chiesa, ora Arcipretura, dichiarata tale nel
1666, anticamente era suffraganea della distrutta Pieve a
Morba.
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